Salvatore Quasimodo
“Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua,bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pae conem, ma non aspetto
perdono da nessuno, motli mi devno lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene,
che vivicome tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d’amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo”. – Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo –
“Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d’eucalyptus. Ma ora ti rignrazio,
questo volgio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha savato dapianti e da dolori.
Enon importa ser ora hoqulache lacrima per te,
per tuttiquelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l’orologio incucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia èpassata sulla smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde ? O morte di pietà,
morte di pudore
Addio, cara, addio, mia dolcissima mater. “
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